domenica 18 marzo 2018

Giovanni Flechia: Grammatica sanscrita, Torino 1856.

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In questa grammatica si espongono le regole appartenenti al sanscrito proprio. L’ordine tenutovisi, se non è rigorosamente conforme al progresso genetico degl’idiomi indoeuropei, è però quale fu creduto il meglio acconcio ad agevolare lo studio della lingua, al quale proposito è principalmente indirizzato cotesto libro. Mirando sempre a quella brevità che, insieme colla chiarezza, forma una delle precipue doli delle scritture didattiche, non solo mi sono studiato di porre le regole nella più concisa maniera che per me s’ è potuto, ma ho pur lasciato fuori tutto quello che non cadeva proprio in esse regole; e non toccai quindi nè degli arcaismi del dialetto vedico nè delle molte conformità che la grammatica sanscrita tiene con quella delle altre favelle ariane*. Non ho trattato della sintassi, perchè questa parte dell’antica favella dell’India è semplicissima e non ha, si può dire, singolarità veruna, della quale non si trovi una qualche analogia nel greco o nel latino.

Posi come assoluta la forma debole de’ temi nominali, accostandomi in questo non solo all’antichissimo sistema grammaticale degli Indiani, ma anche a quello della maggior parte dei grammatici e lessigrafi europei. Ciò nondimeno è cosa indubitata che nella maggior parte de’ casi il prendere per assoluta la forma forte è più consentaneo ai principii scientifici della linguistica, la debole non essendo altro, come appar manifesto dalla grammatica comparata, fuorché un attenuamento della forte, proprio della lingua sanscrita. Sebbene di tal particolare io tocchi nel corso della grammatica (v. §. 93), reputo tuttavia conveniente di porre questa avvertenza, affinchè lo studioso, venendo per avventura fin da principio ad abbattersi in libri, ne’ quali (come p. e. nella grammatica minore del Benfey e nel vocabolario sanscrito che viensi ora pubblicando in Pietroborgo per cura dei sigg. Boehllingk e Roth) diasi per assoluta la forma forte, sappia farne la debita estimazione. Il simigliante dicasi delle radici contenenti un ^r, le quali da taluni si registrano sotto la loro forma gunata, sicché p. e. nel citato vocabolario di Pietroborgo si troveranno, verbigrazia, non solo i temi nominali िप finr^ per ftrj, padre^ httTt; per itt$, maddre, ma anche le radici per ^f. andave^ -^x per f , e va dicendo.

Lo studio del sanscrito, introdottosi in Europa poco più di mezzo secolo addietro, viene ora generalmente riconosciuto come sussidio potentissimo della storia e filologia antica ed è fondamento della grammatica comparata delle lingue indoeuropee. Quindi principalmente l’ardore con cui questa lingua è coltivata oltremonti, massime in Allemagna. Sebbene l’Italia presentemente non si mostri gran fatto sollecita di questa sorta di discipline, è tuttavia da credere che né anche per questo rispetto essa non abbia da rimanersi più oltre nella sua indifferenza. Io mi confido che il presente lavoro, per quanto imperfetto, possa essere aiuto e forse occasione a qualche Italiano per mettersi a cosifatti sludi.

Questa grammatica fu compilata sotto gli auspizi del Governo piemontese, alla cui munificenza deesi così l’acquisto dei caratteri sanscriti come la stampa dell’opera. Siami pertanto lecito di qui ringraziare pubblicamente gli onorevolissimi signori Commendatori Cibrario e Lanza, ai quali, come a ministri della pubblica istruzione, piacque favorire del loro patrocinio questo qualunque siasi lavoro.

* A questo proposilo pubblicherò, se a Dio piace, gli Elementi del sanscrito come fondamento della grammatica comparata delle lingue indo-europee, avuto specialmente riguardo al greco ed al latino; dove sarà trattalo più o men largamente delle principali analogie, che col sanscrito hanno le lingue affini e massimamente le due mentovale. Sarà questo, come dire, un compendio di quella grammatica comparata la quale non mancherà, secondo che io mi confido, di essere quando che sia insegnala presso le varie università italiane.

Torino, addì 13 di maggio del 1856.
G. Flechia.

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